Ex Machina (2015, Alex Garland)


Quella Machina Qua Devi Metterla Là

Nel 1950 presso l'Università di Manchester, Alan Turing (sì, lo stesso Alan Turing del recente The Imitation Game), traendo spunto dal "gioco dell'imitazione", escogitò il suo famoso test (raccolto nel documento "Computing Machinery and Intelligence"), che stabilisce un criterio per determinare se una macchina è in grado di pensare, cioè se presenta un comportamento intelligente e quindi indistinguibile da quello di un essere umano. Nel tempo il test di Turing è stato più volte rivisto e rimaneggiato, per essere adattato all'evolversi del progresso e per dare alla luce quella che è la sua peggiore diramazione: il captcha.

Fortunatamente Ex Machina poco ha a che fare con i captcha, dovendo quel titolo (no, non a Francesco Salvi) allo stratagemma utilizzato nel teatro greco di far entrare in scena un personaggio risolutivo, il Deus, calandolo dall'alto mediante un marchingegno, un macchinario.

Ecco, è proprio di questo che parla Ex Machina: di Dèi, uomini e macchine.


Gli Dèi del nostro tempo, come quelli dei tempi antichi, probabilmente bevono vino e vivono sul loro personale Olimpo. Come gli Dèi del Pantheon, essi ci guardano, ci studiano da lontano, divertiti, anche se i loro nomi non sono più Zeus o Apollo, ma Larry Page e Mark Zuckerberg. Sono loro, infatti, i nuovi paganissimi Dèi della nostra società; sono loro, pur dovendo sottostare al fatum ed alla cookie law, a tenere in mano le redini (e le tracce) delle nostre scelte, delle nostre preferenze, delle nostre identità.

Alex Garland, noto sceneggiatore londinese (28 Giorni Dopo, Sunshine) qui alla sua prima prova dietro la macchina da presa, pone al centro della sua narrazione uno di questi Dèi, gli dà un corpo e volutamente dimentica di dargli un'anima. Nathan (un sempre a fuoco Oscar Isaac, Inside Llewyn Davis) è un genio del nostro tempo: a soli tredici anni ha scritto l'algoritmo di Blue Book, il più importante ed utilizzato motore di ricerca al mondo, in grado di indicizzare un numero esorbitante di contenuti e di indirizzare correttamente uno spaventoso numero di utenti, mentre, ovviamente, ne immagazzina informazioni su gusti, propensioni, orientamenti. Blue Book sa tutto. Nathan sa tutto.

Forse cercavi: Google.

Rinchiusosi in un suo personale Olimpo, blindato, ipertecnologico e paradossalmente immerso nella natura, Nathan fa tesoro delle informazioni fornitegli da Blue Book per programmare una AI, un'intelligenza artificiale. Se per Michelangelo (a proposito di Dèi e rockstar) la scultura era già insita nel blocco di marmo e all'artista spettava solo il compito di tirarla fuori, per Nathan la progettazione di un androide antropomorfo e senziente sembra essere solo una naturale conseguenza del progresso e non una ponderata pianificazione.

Caleb (Domhnall Gleeson), l'uomo interposto tra gli Dèi e le macchine, è un programmatore in gamba, anche se non in gamba quanto il capo. Dopo aver vinto un concorso interno, ha l'opportunità di trascorrere una settimana nella residenza, nell'Olimpo, del mitologico fondatore della società ed inventore dell'algoritmo di Blue Book, Nathan. Un po' goffo, tendenzialmente insicuro e con un passato di dolore e solitudine alle spalle, Caleb scoprirà che gli Déi lo hanno volutamente scelto per una prova: dovrà essere proprio lui ad effettuare il test di Turing sull'androide messo a punto da Nathan, Ava.

Ava è, ovviamente, la macchina. Un'intelligenza artificiale costruita con le nostre ricerche, con i nostri pensieri, con le nostre logiche. Meravigliosamente femminile in quei suoi arti di metallo ed elettronica, Ava è preoccupata per l'esito del suo test e di conseguenza per il suo destino. Considerando Nathan come proprio creatore, una sorta di padre enormemente (e giustificatamente?) padrone, Ava sembra essere attratta da Caleb. Ma ne è realmente invaghita o è stata programmata per sembrare di esserlo?

Una macchina che gioca a scacchi sa di star giocando a scacchi?


Una menzione d'onore va data proprio all'interprete di Ava, la ventiseienne svedese Alicia Vikander, ex ballerina, meravigliosa in quella sua espressione tenera ed al contempo fredda come ghiaccio, credibilissima in quella sua sensuale camminata da burattino.

Il corpo centrale del film, soffocante e paranoico, si evolve lentamente, tra quegli interni claustrofobici dai toni freddi che testimoniano la menzogna, cui si contrappongono quelle luci rosse e calde che accendono la verità (o forse no?). Non è l'azione l'elemento portante di Ex Machina, ma la (sempre) buona scrittura di Garland, che attraverso dialoghi brillanti e talvolta spiazzanti (siamo programmati per essere eterosessuali?) scende ogni singolo gradino della scala verso l'inferno dell'introspezione: Nathan, spavaldo ed egoista, gioca a fare il Deus esigendo solo schiavi attorno a sé, ed Ava, enigmatica ed impenetrabile, vuole sopravvivere, vuole essere libera. Ma Caleb? Chi è Caleb?

Caleb è quello realmente messo alla prova, Caleb siamo noi. Ex Machina, infatti, distante, algido, persino disturbante, può essere considerato un test di Turing per lo spettatore: se dopo la visione della pellicola si resta insensibili, allora non si è pienamente coscienti, non si è umani.

Purtroppo però l'opera di Garland pecca proprio nella sua porzione finale. Dopo aver costruito un solido castello di riflessioni e provocazioni, tutte squisitamente a fuoco e degne di essere analizzate, il crescendo dell'epilogo non riesce a rendere la giusta tensione e il plot twist finale, atteso e desiderato, non convince del tutto, non inquieta come avrebbe dovuto.

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Ex Machina (U.K. 2015)
Regia: Alex Garland
Sceneggiatura: Alex Garland
Fotografia: Rob Hardy
Musiche: Geoff Barrow e Ben Salisbury
Cast: Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno et at.
Genere: fantascienza da terra
Data d'uscita italiana: 30 luglio 2015
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