The Babadook (2014, Jennifer Kent)


A Bad Book

Il genere horror è in grado di regalare le più grandi soddisfazioni e le più infide delusioni. Se da un lato abbiamo a che fare con gli slasher puri, violenti e privi di qualsiasi sostanza, dall'altro ci capita sempre più frequentemente di inciampare nei classici "compitini" con case infestate, possessioni demoniache, spiriti infelici e tutto il cucuzzaro, spesso corredato dai soliti bambini che percepiscono o vedono qualcosa che i genitori non prendono sul serio fino a che non è troppo tardi. In un certo senso è proprio in quest'ultimo filone che si inserisce The Babadook, da molti ritenuto - se non il migliore - sicuramente tra i migliori horror dell'anno. A ragione?


Sì, a ragione. L'unico competitor che per quanto mi riguarda potrebbe dare (almeno per quanto visto sino ad ora) al Ba ba dook dook dook del filo da torcere è Honeymoon (2014, ancora inedito in Italia), non a caso anche questo diretto da una donna per la prima volta dietro la macchina da presa, non a caso anche questo interpretato da una attrice portentosa come protagonista, non a caso anche questo basato prima su relazioni umane e quasi incidentalmente su elementi sovrannaturali.

A StepHà, il caldo t'ha dato alla testa e mo' attacchi pure tu coi pipponi femministi?

No, no. Il femminismo lo lascio a chi apprezza le parole che terminano con "ismo". Però sì, so che può suonare strano, ma passatemi questo concetto: The Babadook è un horror femminile.

Eh?

Manteniamo la calma, ora provo a spiegarmi.

The Babadook può essere visto da chiunque, non è femminile come una T-Shirt aderente con il collo a V, che se la mette un uomo allora fa strano (a meno che tale uomo non suoni in una band indie britannica).

Sto peggiorando la situazione, vero?

Ok. The Babadook è un film per tutti (è unisex), ma mette in scena una storia (e che storia!) attraverso gli occhi di una donna e di una madre con uno stile e una grazia squisitamente femminili. Non mi riferisco solo alla scena incriminata e spernacchiata ingiustamente (leggasi: dildo), che è - ridano quanto vogliano - utile alla narrazione e necessaria a raccontare, con pochi fotogrammi, un certo tipo di frustrazione; mi riferisco piuttosto al sentimento di fondo ed alla tecnica adottata, amorevole e riflessiva, come - almeno atavicamente - solo una donna può essere.

Poi, oh, probabilmente mi sbaglio. Ma sono una donna, cosa volete che capisca?

Per certo, però, The Babadook è un horror soffocantescomodo e paradossalmente reale.

Amelia è stanca. Amelia è stanca come solo una donna può essere stanca. Dopo aver perso il marito in un incidente d'auto la stessa notte in cui il piccolo Samuel è venuto al mondo, rivive attraverso il figlio ogni giorno, in ogni momento, quello stesso dolore. Il suo sonno è costantemente disturbato da incubi e ricordi, i suoi desideri perennemente sottaciuti per dovere e spirito di sacrificio

Nonostante questo, però, Amelia fa tutto quanto in suo potere per essere gentile con tutti ed accontentare e rassicurare Samuel, quel bambino che per forza di cose non potrà mai essere "normale", quel bambino al quale non riesce a dire di no. A completare il quadro subentra il suo lavoro da infermiera nel reparto di demenza senile, sempre a contatto con sofferenza e morte, un dolorosissimo mal di denti e una vivida emarginazione sociale (perché le persone, dopo aver sfoggiato la loro migliore espressione contrita, non ne vogliono più sentir parlare).

Difficilmente ad Amelia potrebbe andar peggio, escludendo ovviamente la possibilità di vivere in Salento con 40° all'ombra, ma vabbé.

Dal canto suo il piccolo Samuel è solo un bambino, che come tutti i bambini dice sempre ciò che pensa. I pensieri di Samuel, però, a differenza di quelli della cuginetta, non sono intrisi di cattiveria, ma di preoccupazione e amore per la madre, l'unico genitore e l'unica forma d'affetto incondizionata che abbia mai conosciuto. Iperattivo ed ossessionato dalla magia, Samuel non può e non sa come contenere la sua energia e quell'amore asfissiante per mammà.


In questo contesto già di per sé interessante ed emotivamente turbolento, tra le storie della buonanotte di Samuel compare, dal nulla, un libro pop-up intitolato "Mister Babadook", tra le cui inquietanti pagine la fa da padrone un losco figuro, un mostro, non a caso antropomorfo, con un cappotto, un cappello a cilindro e degli affilatissimi guanti neri.

If it's in a word. Or it's in a look. You can't get rid of... The Babadook.

La lettura del libro turberà ancor di più l'animo irrequieto di Samuel, che, già ossessionato dalla sua missione di dover proteggere la madre, inizierà a credere di vedere il Babaroga, l'uomo nero. Senza un attimo di tregua e di riposo, dal canto suo Amelia trasformerà quella preoccupazione, quello stress, quel fastidio in una forma di rifiuto per quel bambino che non ha mai festeggiato il compleanno nel giorno giusto.

Nulla dirò sull'evoluzione della storia, perché chi ha visto sa e chi non ha visto deve vedere. Piuttosto converrebbe spendere ancora un attimo sulla realizzazione impeccabile di quest'opera, dalla sua meravigliosa fotografia, cinerea, oscura e curatissima, alla sua elegante regia, lenta, corposa, fatta di dettagli, interni e primi piani che non necessitano di jump-scare. A Jennifer Kent, regista australiana esordiente, non interessa il brivido a buon mercato, le interessa turbare lo spettatore mediante un appassionato richiamo al cinema più datato.

Tutto in The Babadook sembra essere studiato attentamente, dalle infinite citazioni (L'EsorcistaShining, I Tre Volti della Paura del nostro Bava, omaggiato in maniera esplicita), alle interpretazioni di Essie Davis (Amelia) e Noah Wiseman (Samuel), che - pellamiseria! - non possono essere raccontate mediante aggettivi. Persino le illustrazioni del famigerato libro, "Mister Babadook", in questa spasmodica attenzione ad ogni dettaglio, sono state cautamente ed intelligentemente affidate ad Alexander Juhasz, famoso disegnatore di libri per bambini (immagino di altro genere).

Quindi sì, anche se in estremo ritardo, anche in questi lidi si riconosce The Babadook come uno dei migliori horror di quest'annata atipica, femminile (aridaje) e per certi versi speranzosa.

Ho detto "migliori horror"? Intendevo migliori film.

Già, perché oltre ad una realizzazione invidiabile, l'opera prima della Kent vanta anche uno di quei finali spiazzanti, toccanti e memorabili che non ci stancheremmo mai di vedere. A The Babadook bastano pochi, pochissimi istanti, per insegnarci che la forza più grande al mondo, l'amore di una madre, talvolta può non essere sufficiente. A The Babadook bastano pochi, pochissimi gesti per confermarci che a volte solo l'amore di un figlio può mettercene il doppio e farlo bastare per tutti e due.

E pensare che il tutto è partito da un cortometraggio della stessa Kent (Monster, che trovate qui sotto, ma che - ovviamente - vi spoilera buona parte del film) ed è stato finanziato anche grazie a Kickstarter.

Come dite? Kickstarter non è femminile? Beh, pazienza.

Quel che importa è che ci sono mostri così grossi e potenti da non poter essere sconfitti. In questi casi l'unica scelta possibile è accudirli, sfamarli ed amarli come farebbe una madre.


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The Babadook (Australia - Canada 2015)
Regia: Jennifer Kent
Sceneggiatura: Jennifer Kent
Fotografia: Radek Ladczuk
Musiche: Jed Kurzel
Cast: Essie Davis, Noah Wiseman, il mostro et al. 
Genere: horror atipico, ogni mostriciattolo è bello a mamma soja
Data d'uscita italiana: 15 luglio 2015
Se ti piace guarda anche:
Sinister (2012), Mama (2013), Oculus (2014), Maggie (2015).

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