Nonna, Che Forno Grande Che Hai!
Forse (e dico forse) queste pagine stanno per tornare agli antichi fasti (eh?), purtroppo però chi ancora deve fare davvero ritorno è
M. Night Shyamalan, regista di origini indiane al quale dieci anni fa avremmo devoluto quasi interamente la paghetta e che poi, non si sa bene perché, si è completamente bevuto il cervello tirando fuori cose ignobili del calibro de
L'Ultimo Dominatore dell'Aria e
After Earth. Oh,
After Earth.

Mi è capitato diverse volte di chiedermi se io stessa non ho sopravvalutato i primi lavori del regista con la notte nel nome, ma ogni volta la mia conclusione è stata la stessa: no, anche se vedessi adesso per la prima volta la sua "Triade delle Meraviglie" (
Il Sesto Senso,
Signs e
The Village), ne rimarrei affascinata, forse non al punto tale da giurargli amore eterno, ma mi perderei ugualmente in quelle perfette costruzioni circolari, in quei
plot twist da maestro, in quella ripetizione di elementi allegorici personale ed intima. Alcuni degli elementi cardine della scrittura del nostro Shymmi vengono richiamati anche in questa sua ultima fatica,
The Visit: abbiamo l'acqua come simbolo di morte, la cantina come ambientazione del momento cruciale, i colori a tinte forti posti a protezione della giovane protagonista e il
plot twist, abbiamo il
plot twist, ma di questo parleremo tra poco.
Dopo dieci anni dall'ultima sua pellicola veramente riuscita, Shymmi si cimenta con quello che è il genere più inflazionato e vituperato dell'ultima decade: l'horror girato a mo' di finto documentario, il found footage. Armato della sceneggiatura scritta da lui stesso, Shymmi si attrezza di ogni artificio possibile per reggere questa tecnica, dalla webcam del notebook alla fotocamera della protagonista aspirante documentarista. Una tra le critiche più mosse a questo film è infatti l'applicazione della tecnica in maniera troppo pulita ed effettivamente in alcuni momenti la camera fissa e distante fa addirittura dimenticare lo stile utilizzato. Tuttavia l'impiego del mockumentary, più che strumentale, sembra assumere una valenza narrativa, dato che sarà proprio il fatto che protagonisti e spettatori possano vedere solo ciò che viene ripreso a reggere il plot twist. Già, ma del plot twist parleremo tra poco.

La trama, dovremmo parlare della trama. Becca e Tyler, rispettivamente di quindici e tredici anni, vanno a trascorrere qualche giorno dai nonni materni con i quali non hanno mai avuto rapporti poiché la stessa mamma, ancor prima della loro nascita, aveva interrotto ogni contatto a causa di un violento litigio. Isolati e sperduti in una vecchia casa in mezzo alla neve, i due fratelli, incuriositi dalla nebulosa infanzia di mammà, faranno la conoscenza di Nonna (Deanna Dunagan), che come ogni nonna si diletta a preparare deliziosi biscotti, e di Nonno Pop, che come ogni nonno, nonostante l'età, riesce ancora a prendere in braccio i nipotini. Ma si sa, con l'età aumentano gli acciacchi e le stravaganze. Nonna di notte fa cose strane. Nonno Pop le cose strane le fa nel capanno, anche in pieno giorno. C'è qualcosa che non va in loro?
- They're are just OLD!
Potremmo star qui ore a parlare di come con l'invecchiamento aumentino i livelli di stress ossidativo nelle cellule neuronali, ma faremmo prima ad usare la saggezza popolare e dire che "la vecchiaia è una carogna": ti fa perdere il pieno controllo del corpo e della mente, come una malattia, come una condanna, come una possessione. È proprio questo elemento, da molti bistrattato, a rappresentare secondo me uno dei punti di forza di The Visit: Becca e Tyler, anche se spaventati, accettano il climax di inquietanti stramberie dei nonnini, giustificandole in maniera umana e credibile, almeno fino al plot twist. Il plot twist, ci siamo.
Eh già, il plot twist alla Shyamalan c'è. Forse non è del tutto inaspettato e di sicuro non paragonabile ai predecessori, ma il colpo di scena arriva, appaga ed ha un suo fondamento razionale. Segue un crescendo di tensione che mette in scena un ampio spettro di fobie umane e chiama in soccorso un gran numero di cliché di genere.
L'altro importante punto di forza della pellicola è infatti l'utilizzo di una goliardia di fondo, che accompagna la narrazione sin dall'inizio e che non è certo nuova al nostro Shymmi (basti pensare ai copricapo di stagnola in Signs o ai momenti di imbarazzo del personaggio di Joaquin Phoenix in The Village). Questa esposizione tra il fiabesco ed il parodistico, portata all'estremo eccesso, non fa che enfatizzare tensione e paura. Già, perché nel mio caso The Visit ha ottenuto l'effetto voluto: mi ha fatto sorridere per poi farmi tentare di dissimulare il jump scare sulla poltroncina.
Lo so, sino ad ora da queste righe sembrerebbe di intravvedere solo lodi, anche se in realtà non è così. Le pecche di The Visit sono pesanti e numerose, a cominciare dalla sceneggiatura priva di basi e personaggi solidi, passando attraverso un paio di soluzioni posticce e fino ad arrivare ad un doppiaggio italiano del piccolo Tyler, rapper provetto, da mettere i brividi. Come se non bastasse, la narrazione non termina dove avrebbe dovuto, ma si protrae regalando una conclusione imbarazzante ed una morale che, per quanto condivisibile, poco ha a che fare con quanto visto.
Shymmi non è tornato e non è detto che lo farà mai. Però avete presente quel momento in cui, nei film catastrofici, durante un black out i personaggi sentono un rumore - una sorta di tensione elettrica - che sembra preannunciare che la corrente stia per tornare? Ecco, a me è parso di sentire quel rumore, però magari mi sbaglio, magari era solo Nonno Pop.
The Visit (U.S.A. 2015)
Regia: M. Night Shyamalan
Sceneggiatura: M. Night Shyamalan
Fotografia: Maryse Alberti
Musiche: Paul Cantelon
Cast: Olivia DeJonge, Ed Oxenbould, Deanna Dunagan,
Peter McRobbie, Kathryn Hahn et al.
Genere: thriller da interno, demenza senile
Data d'uscita italiana: 26 novembre 2015
Se (proprio) ti piace guarda anche: i primi lavori di Shymmi, what else?
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